Training interculturali in persona: tutta un’altra storia
Tra una serie di formazioni online, ogni tanto capita che qualcuno richieda i training interculturali in persona. Ed è tutta un’altra storia.
Quando lavoravo come trainer interculturale in Perù e poi in Indonesia, i training interculturali erano sempre in persona. Si facevano in ufficio o nella casa delle persone appena arrivate, più raramente nelle hall degli hotel. Con il COVID, abbiamo imparato ad adattare i programmi all’online, e da allora mi capita di lavorare perlopiù attraverso zoom. Per fortuna, però, alcuni clienti richiedono espressamente di avere i loro training interculturali in persona. In alcuni casi m’impunto io: formare dei bambini attraverso lo schermo è davvero una fatica sia per me che per loro. Credo anche che l’impatto che il programma lascia su queste giovani creature sia molto più duraturo e profondo quando si può lavorare in persona.
C’è qualcosa che mi commuove profondamente nell’entrare nelle case di chi è appena arrivato in un nuovo paese e sta prendendo le misure con la sua nuova realtà. Mi riporta immediatamente a tutte le volte che ho ricostruito case io, in posti sconosciuti, chiedendomi se avevamo scelto il giusto quartiere, e quali sorprese ci avrebbe riservato l’alloggio. Nei tavoli di fortuna (sono sempre i tavoli a diventare il centro delle nuove case!) o nei gesti incerti quando si prepara un caffè nella nuova cucina, ritrovo qualcosa di molto intimo: la vulnerabilità che affiora quando dobbiamo far combaciare le nostre abitudini di sempre con degli spazi e dei sistemi ancora non familiari. In quei primi giorni viviamo in un limbo, anche in senso pratico, ma soprattutto in senso emotivo. Siamo sospesi, in attesa di penetrare e trovare dei punti di contatto con il nuovo ambiente, per poterci rilassare e cominciare a vivere come nel paese precedente.
Considero un privilegio molto grande poter condividere questi primi momenti. La settimana scorsa ho formato una coppia latinoamericana appena arrivata a Milano. Il primo giorno ci siamo visti nella hall del loro hotel, la seconda parte del training l’abbiamo fatta nel loro nuovo appartamento. Penso che questo, il penetrare in quei loro primi momenti, sia stata la cosa più emozionante del training, per me. Vivere insieme a loro i dubbi, le scoperte e le proiezioni della loro nuova vita in quel posto specifico – che, oltre a riportarmi ai miei ripetuti espatri, mi ha risvegliato grandi ricordi d’infanzia perché si trova proprio nella zona in cui sono cresciuta.
Anche per gli adulti, penso che l’impatto dei training interculturali in persona, e in particolare negli spazi in cui si svilupperà la loro esperienza con la nuova cultura, sia molto più profondo e duraturo di un programma che si svolge in un ufficio impersonale. Permette spazi di libertà che contribuiscono a creare rapidamente un rapporto umano. Sto pensando a quella famiglia brasiliana a Milano che era arrivata coi suoi pappagallini, e che per buona parte del training li ha lasciati volare fuori dalla gabbia: ad un certo punto spiegavo con un pappagallino serenamente appoggiato alla mia spalla, mentre il suo compagno sussurrava cose all’orecchio del cliente. Oppure alla mamma del bimbo indiano che ho formato in Svizzera, che per tutto il tempo del training mi ha nutrita amorevolmente con deliziosi piatti del suo paese. O ancora, alla famiglia cilena che ho formato in Italia, e che mi ha accolta con una prima colazione da far invidia ai più forniti buffet degli hotel più prestigiosi.
Recentemente mi è anche capitato di dare una formazione a una famiglia intera a casa mia. Erano alloggiati in un piccolo airbnb e non avevano lo spazio sufficiente per lavorare tutti insieme, quindi sono venuti da me. Anche quest’esperienza è stata molto intima, e naturalmente non è mancato il cucinare insieme. Ho mostrato loro come preparare il vero risotto italiano, e mentre lo gustavamo, ne ho approfittato per spiegare l’importanza del cibo nella cultura italiana. E cosa c’è di meglio che una dimostrazione di persona di quello che la nuova cultura ha in serbo 😊 ?