Il nero è un colore, di Grisélidis Réal: scrittrice, pittrice, prostituta
Voglio raccontarvi perché questo, al di là dell’essere un bellissimo libro, è di grande importanza per me.
Grisélidis Réal: scrittrice, pittrice, prostituta. Strizzo gli occhi e mi avvicino alla targa sulla tomba rotonda, in pietra scura, perché non sono sicura di aver letto bene.
Sono al Cimitière des Rois, il più prestigioso di Ginevra. Oggi è il giorno in cui vado a scoprire qualcosa di nuovo della mia città d’accoglienza. In tempi passati, in altri paesi, esploravo in compagnia. Qui lo faccio da sola, per tanti motivi. E se vi sembra sciocco pensare che un cimitero possa aiutarvi a penetrare nella vostra cultura ospitante, continuate a leggere.
E’ una giornata piovosa e le gocce che hanno ricoperto il prato e le tombe – ognuna diversa, alcune dalla foggia veramente artistica – offuscano un po’ le scritte. Non mi sono sbagliata, però. L’epitaffio della signora Grisélidis Réal dice che era scrittrice, pittrice, prostituta.
Tra i tanti nomi illustri di questo famoso cimitero cittadino, il suo non l’avevo sentito. Né visto nelle liste che si affannano a spiegare quanto importante sia questo luogo d’eterno riposo.
Scoprirò più tardi il perché. Molti si erano opposti al trasferimento di Grisélidis Réal in uno dei più noti cimiteri di Ginevra. Che posto ha, del resto, una prostituta di fianco a nomi illustri come quello di Jorge Luis Borges, scrittore e filosofo argentino, di Jean Piaget, famoso psicologo e pedagogo, e addirittura del teologo e riformatore Calvino?
Ce l’ha, ce l’ha. Solo che per capirlo bisogna scavare un po’ nella sua storia, nel suo personaggio e nel suo operato. Ovviamente, spinta dalla mia innata curiosità verso le storie umane, mi sono subito messa all’opera. E la prima cosa che ho scoperto è che questa signora è stata un’espatriata coi fiocchi. Wikipedia recitava che era nata a Losanna ma aveva vissuto ad Alessandria d’Egitto e Atene, prima di trasferirsi in Germania, dove è cominciata la sua carriera di prostituta.
Le mie antenne si sono subito rizzate. Se la storia umana a cui mi avvicino contiene l’elemento dell’espatrio, mi sento travolta da un’irresistibile attrazione, da un’onda calda pari a quella che tutti proviamo di fronte alle nostre passioni.
Scrittrice Grisélidis Réal lo è stata davvero perché è autrice di diverse opere che sono molto apprezzate. Il nero è un colore sembra essere la sua più famosa. Quantomeno è stata tradotta anche in italiano (edita da Keller). E lì mi si sono rizzate di nuovo le antenne.
Come ben sanno le mie compagne del tè letterario di Expatclic, leggere in francese mi è sempre risultato faticoso. Nonostante lo parli e lo scriva bene, alla stregua dello spagnolo, leggerlo mi ha sempre un po’ scoraggiata – troppi accenti e dittonghi, mi è sempre parso di dover mettere troppa concentrazione sulle sillabe, e di non riuscire così a farmi penetrare dal testo come mi capita con le altre lingue.
Mi sono detta che questa poteva essere un’occasione. Leggere il libro di una donna svizzera, espatriata, che ha trascorso gli ultimi anni della sua vita nella mia attuale città d’accoglienza, e in francese, la lingua nella quale l’ha scritto.
Così l’ho ordinato. E poi l’ho divorato. Nonostante i dittonghi e gli accenti. E sono stata felicissima perché non so quanto la traduzione italiana sia riuscita a rendere la complessità dei sentimenti e delle situazioni che Grisélidis descrive.
Il libro non racconta la sua vita, ma una parte, breve ma intensa, compresa tra la sua fuga da Ginevra, negli anni sessanta, e il suo arresto per detenzione e spaccio di marijuana a Monaco, dove Grisélidis si era installata dopo varie peripezie in Germania, con i più piccoli dei suoi quattro figli, e il suo compagno Bill, che era riuscita a tirar fuori (non si capisce quanto lecitamente) da un manicomio.
Bill era un afro-americano dalla pelle scurissima e i piedi enormi. Grisélidis non fa mistero della sua irrefrenabile passione per gli uomini dalla pelle scura. Ne avrà tanti come amanti, come amici e come clienti. E ogni volta è un’ode al piacere, alla pelle nera, liscia, al suo profumo di zenzero e cannella. Ma anche un’ode alla libertà, perchè Grisélidis si consegna al racconto con una spontaneità e nudità che rendono ancora più penetranti le terribili situazioni di miseria e violenza nelle quali precipita.
Con lei entriamo in un mondo fatto di fame, inganni, precarietà, sporcizia, furti, violenza, tanta violenza, da parte del suo compagno Bill ma anche dei clienti, alcuni dei veri pervertiti che la costringono a cose che degli stomaci deboli faticheranno a leggere fino in fondo.
Perennemente in fuga da qualcuno – la polizia, il suo compagno, i clienti violenti, gli affittuari esigenti – Grisélidis riesce però a costruire in tutta questa miseria delle relazioni solide e affidabili. Racconta (e ringrazia sempre, con un senso di gratitudine profondo e genuino) delle sue amicizie tra gli zigani che la ospitano a lungo in una roulotte fatiscente che a lei sembrava il paradiso, delle colleghe e vicine di casa in uno dei tanti alloggi che l’hanno vista esercitare quella professione che, più avanti, quando sarà rientrata in quella Ginevra dalla quale sto scrivendo questo pezzo, definirà “un’arte, un umanesimo, e una scienza”.
Il nero è un colore ci porta anche dentro a un pezzo di storia, quella della ricostruzione della Germania sotto il controllo statunitense. Ci porta nei bar fumosi e pieni di blues, nelle pieghe più squallide della città, e nel cuore di personaggi incredibili, in un registro che va dall’umanità più toccante alla perversione più desolante.
E’ l’intreccio della storia di un’epoca con la vita libera e anticonformista di Grisélidis, raccontata con uno stile spumeggiante e ottimista, che rendono questo libro unico, e calorosamente raccomandato.
Grisélidis dedicherà l’ultima parte della sua vita alla lotta per i diritti delle prostitute. Comincerà quella che chiama “la sua rivoluzione” rivendicando il diritto alla scelta della professione, che definirà “un atto rivoluzionario”, “un’attività che allevia le miserie umane e che ha la sua grandiosità” (fonte: https://fr.ulule.com/griselidis-real/). Nel 1982 è tra le fondatrici di Aspasie, un’associazione in difesa dei diritti delle prostitute, che ancora oggi è attiva e ospita, tra l’altro, un enorme archivio di documenti di vario genere sulla prostituzione a livello internazionale creato dalla stessa Grisélidis.
Ho ricercato e letto con interesse la polemica che si è scatenata attorno alla stele funeraria che la figlia di Grisélidis aveva richiesto a Jo Fontana, scultore ginevrino, e che rappresenta un ventre femminile. I benpensanti ginevrini già non giudicavano appropriato che fosse seppelita al Cimitière des Rois, figuriamoci poi con una scultura di tale sfrontatezza!
E adesso capite perchè quando ci si trasferisce in un nuovo luogo, non bisogna mai trascurare o deprezzare nulla. Se non avessi deciso di visitare a fondo quel cimitero, difficilmente avrei scoperto che una donna di tale portata ha legato parte del suo destino alla stessa città in cui sto vivendo, ne ha ricalcato le stesse strade e ha guardato lo stesso lago. E questo incide sul mio rapporto con la città. Perchè una città è fatta di tutte le persone che ci vivono o ci hanno vissuto, e che in qualche modo ci han lasciato la loro impronta. Tutte. Anche una scrittrice, pittrice, prostituta.