Un incontro palestinese a Jakarta
Di malinconia, paesi che ti sono rimasti dentro, e del mio amore per la Palestina.
Qualche giorno fa ero a una festa, e mentre prendevo qualcosa da mangiare al buffet, ho sentito un signore che parlava in arabo. Quell‘arabo. L’arabo che riempiva le mie giornate a Gerusalemme. Gli ho chiesto di dov’era, mi ha risposto “Palestina”.
Non so descrivere cosa mi ha preso. Gioia, pienezza, nostalgia, malinconia, amore – tutto in un mix potente. Quando gli ho detto che ho vissuto in Palestina per quasi cinque anni, mi ha presentato una coppia palestinese che era alla festa con lui. Mi sono sentita come una bimba che ritrova un giocattolo che aveva perso. Abbiamo chiacchierato tantissimo, e ci siamo raccontati cosa facciamo in Indonesia.
Ero come affamata: il viso di lei, che mi ricordava tante grandi donne palestinesi che ho incontrato là, il suo “yaani”, questo splendido intercalare arabo, il modo di lui di ascoltarmi, piegando leggermente la testa di lato e fissando un punto davanti a sè, tutto mi ha riportato a quell‘atmosfera, a quelle persone, che mi mancano così tanto ogni giorno.
Ho vissuto in molti paesi, e in alcuni di questi per lunghi periodi, e naturalmente mi sono portata via ricordi e sentimenti legati a ognuno di questi. Anche se il tempo sbiadisce la freschezza delle sensazioni che ogni posto mi ha regalato, so che dentro di me sono un puzzle formato da tutte le vari situazioni e atmosfere che ho assorbito vivendo in loro.
Con la Palestina, però, è diverso. E’ più forte, più potente. Il legame che sento con questa terra e la sua gente è più profondo. L’esperienza mi ha toccata e cambiata in modi che non riesco neanche a spiegare. So che è un sentimento condiviso da chiunque abbia passato un periodo in Palestina e visto coi propri occhi cosa sta succedendo. Ci si porta via un’immensa malinconia, un fortissimo legame fatto di indignazione, solidarietà, amore e dolore, che, ne sono certa, mi accompagnerà per sempre.