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E’ morto Henning Mankell: il mio ricordo

Lo scrittore svedese Henning Mankell si è spento qualche giorno fa. Questo è il mio tributo alla sua memoria.

Quello che non mi piace dell’invecchiare è che più gente conosci, più perdite e brutte notizie devi affrontare. E questo vale anche per gli artisti ai quali ti affezioni, che riempiono la tua vita di nuove scoperte e che con il loro lavoro contribuiscono a renderti una persona più ricca.

Credo fermamente che l’unico modo di convivere con l’idea che la morte è parte della vita, è di dare il proprio tributo, un addio come si deve, e mantenere vivo il ricordo della persona che ci ha lasciati.

Quattro giorni fa è morto Henning Mankell. La notizia mi ha scioccata perchè non avevo letto niente di lui recentemente, e quindi non sapevo che era malato. E oltre al fatto che era ancora giovane ed è triste vedere partire qualcuno a questa età, mi sono sentita particolarmente toccata e commossa perchè avevo incontrato Henning Mankell in persona e avevo avuto con lui una delle più interessanti e pregnanti conversazioni della mia vita. Quindi, nel ricordare quel prezioso momento, voglio dare il mio tributo personale a un uomo che era molto più del creatore del detective Kurt Wallander.

Avevo scoperto Henning Mankell per puro caso. Mia madre aveva lasciato uno dei suoi libri (Muro di fuoco) a casa mia, e avevo cominciato a leggerlo. Quello è stato l’inizio del mio amore per quest’autore svedese. Ho letto tutti i suoi libri, e li ho amati tutti.

Ricordo che quando seppi che Mankell viveva sei mesi all’anno nella sua nativa Svezia, e gli altri sei in Mozambico, avevo pensato che sarebbe stato bello intervistarlo per Expatclic. Ma naturalmente lui era molto famoso e noi un sito molto piccolo e umile, e quindi non ho fatto nulla per contattare l’editore.

Mentre vivevo a Gerusalemme, Mankell ha partecipato al Festival di Letteratura Palestinese del 2010. Ho pensato di provarci. Immaginatevi la mia eccitazione quando gli organizzatori del festival hanno risposto al mio messaggio dicendo che sì, il signor Mankell era d’accordo nell’incontrarmi!

Il giorno prima dell’intervista ero un catorcio. Come se mi fossi resa improvvisamente conto che stavo per incontrare un autore di fama mondiale, e chi ero io per intervistarlo???

Ci siamo incontrati all’American Colony, dove lui alloggiava con sua moglie Eva Bergman, figlia del grande regista svedese. Mi ricordo ancora con chiarezza di quando sono entrata nella lobby e l’ho visto lì seduto. Mi è sembrato enorme, e ancora di più quando si è alzato per stringermi la mano. Ci siamo seduti mentre io cercavo di controllare il panico che mi invadeva perchè lui era freddo, non sorrideva, e mi ha chiesto bruscamente “cosa vuoi sapere?”.

Non lo sapevo, o meglio, non riuscivo a formularlo. Quindi ho cominciato col raccontargli un po’ di me e di Expatclic, e del perchè ero interessata nella sua storia. Il resto è venuto molto naturalmente. Abbiamo cominciato a parlare dell’Africa, e tutti i pezzi del puzzle si sono incastrati; in effetti ho capito che QUELLA era la parte della vita di Henning Mankell che mi interessava di più, e che volevo condividere sul sito.

E’ stata una conversazione bellissima. Lui ha abbassato le difese e abbiamo confrontato le rispettive esperienze. Mi ha raccontato di un sacco di momenti vissuti in Mozambico, e mi ha comunicato con chiarezza la sua motivazione dietro al duro lavoro nel promuovere l’arte in Africa. La parte di conversazione che ricordo ancora nitidamente, e che ho registrato nell’intervista, è questa:

[…]Un giorno ero in visita in un villaggio vicino a Kampala dove un sacco di gente stava morendo di AIDS, e mentre parlavo con qualcuno ho visto una ragazzina che mi girava intorno; avevo l’impressione che volesse parlarmi. Teneva un libriccino stretto al petto, e quando sono finalmente riuscito ad avvicinarmi, ho capito che me lo voleva mostrare. L’ho preso e l’ho aperto. Tra le pagine c’era una farfalla blu essiccata. E la ragazzina mi disse: “Avevo una mamma che amava le farfalle blu”. Questo è probabilmente uno dei libri più importanti che ho letto in tutta la vita. Mi ha fatto capire che puoi dire chi sei in molti modi diversi. In quel libro ho visto un incredibile esempio della disperazione con cui un genitore che stava morendo tentava di lasciare qualcosa di sè a sua figlia.[…]

Mi sono commossa. Avevo davvero un nodo in gola perchè mentre lui parlava, mi vedevo la ragazzina che girava intorno a questo uomo gigante e voleva a tutti i costi mostrargli il libro, e il dolore e l’impotenza che ho provato così tante volte in Africa si sono risvegliati all’improvviso.

Mentre stavamo parlando, una signora molto elegante gli si è avvicinata, mostrandosi sorpresa e felice di vederlo. Lui si è alzato per salutarla, e hanno scambiato qualche parola. Poi si è seduto di nuovo e ha coperto il registratore con una mano, per dirmi che quella donna era un’intellettuale israeliana molto in vista, e che si incontravano sempre quando lui veniva in Palestina, litigando per ore, in discussioni furiose sulla situazione politica.

Mankell era un grande sostenitore della causa palestinese. Dopo il Festival di Letteratura, era salito su una delle navi che formavano la Gaza Freedom Flotilla, nel tentativo di rompere l’assedio della striscia da parte degli israeliani. La flotilla diventò tristemente famosa perchè la sua nave più grande, la Mavi Marmara, fu attaccata dagli israeliani, che uccisero nove persone a bordo.

Abbiamo perso molto più del creatore di un investigatore privato di successo. Abbiamo perso un uomo che lottava per cause giuste, che non usava solo le parole per onorare i propri valori, ma s’impegnava fisicamente per essere presente dove pensava che altri esseri umani ne avessero più bisogno. Sul suo sito potete leggere del suo lavoro in Africa. Onorarne la memoria vuol dire anche capire per cosa stava lottando, a cosa ha dedicato la sua vita, e e continuare dove lui non può più.

Grazie Maestro, riposa in pace.

Claudia Landini
Ottobre 2015
Foto principale ©tvzap

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