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Odio gli addii

In  questi giorni ho dovuto affrontare uno dei compiti più difficili della mia vita: mettere mia madre in una casa di cura.

Il che non dovrebbe essere così tragico in sè: la sua salute è molto deteriorata, e lasciarla a casa con una badante non è più proponibile. Non riesce a fare niente da sola, nemmeno mangiare. La maggior parte del tempo è a letto, dolorante, o dorme. Sedersi davanti alla tele o al tavolo di cucina la stanca molto. E’ dipendente in tutto: nel lavarsi, nutrirsi, prendere le medicine. Non riesce a leggere, camminare, suonare il piano, persino parlare è diventato difficile, e si fa fatica a capirla. Almeno nella casa di  riposo si prendono cura di lei, ed è sotto lo stesso tetto con dottori, infermieri, operatori sanitari.

Ma.

Io odio gli addii. Con tutto il cuore. Ne ho detti troppi in vita mia, e a volte penso di non poterne reggere più neanche uno.

odio gli addiiQuando ieri l’ho portata alla casa di cura, sapevo che il momento era carico di addii per lei, anche se probabilmente non ne era cosciente. Stava chiudendo la porta sulla sua casa, la casa dove ha vissuto con sua figlia, dove per anni tornava dopo una giornata produttiva, quando aveva ancora il controllo del suo corpo e del suo tempo.

Non suonerà mai più il piano. Non ne vedrà nemmeno più uno. La musica, una parte così importante della sua vita, è un capitolo chiuso per sempre. Ricordo che quando era triste si sedeva al piano, suonava e piangeva; ricordo che passava interi pomeriggi a suonare con gli amici; e anche le lezioni di piano che mi dava, e i nostri pezzi a quattro mani, che ci piaceva tantissimo suonare.

Ieri mattina ha detto addio anche alla sua gatta. Mia madre adora gli animali. Anche recentemente, quando riusciva a malapena a camminare, e piena di dolori ovunque, appena vedeva la sua gatta si fermava per accarezzarla, sempre con un bellissimo sorriso sul volto. Non vedrà mai più i suoi vicini, nè il panorama che ha guardato per anni ogni giorno, nè i piccoli oggetti accumulati nel corso di una vita.

La cosa peggiore è che io so tutto questo, ma non so se lei ne è cosciente. Probabilmente no. E’ stanca, confusa, poco lucida. Le ho spiegato le cose, senza darle troppi dettagli, e ho l’impressione che anche se volesse protestare, non ce la farebbe.

Tutto il peso della decisione è sulle nostre spalle. Come quando eravamo piccoli, e lei decideva a quali scuole mandarci, quali amici potevamo frequentare. Lo faceva per il nostro bene, come noi lo facciamo per il suo. Ma noi avevamo tutta la vita davanti; ieri lei è arrivata all’ultima destinazione, che la porta ancora più vicina al momento in cui dovrà congedarsi non solo dalle cose materiali, ma dalla vita stessa.

 

Claudia Landini
Dicembre 2015

Comments (3)

  1. Grazie Metta; devo dire che a distanza di un mesetto dall’ingresso di mia madre in casa di cura, mi sento sollevata e contenta della scelta. In effetti a casa era tutto il giorno con la badante, che non la stimolava certo, e come dici giustamente tu, nessun medico nè fisioterapista a controllarla…alla casa di cura anche stare seduta nella sala comune la espone ad altre persone. Lei le osserva (è troppo debole per allacciare rapporti), le conosce, quando vado a trovarla me ne parla…è più tonica e vivace. E mi ha detto che è contenta di star lì. Riparto per Jakarta con il cuore più leggero. Un abbraccio.

  2. ho accompagnato mio padre in struttura esattamente 9 anni fa. era ed e’ tuttora colpito colpito da demenza inconsapevole del tempo e dello spazio in cui si trova, vive nella casa in cui e’ cresciuto 80 anni fa. mi sembrava di portarlo al macello ed e’ stata una delle esperienze piu’ dolorose ed intense della mia vita, criticata piu’ o meno apertamente da parenti ed amici.
    oggi, a distanza di tanti anni, sono convinta di avergli consentito di vivere dignitosamente e decorosamente diversi anni. a casa non c’era il bagno assistito per disabili, non c’era il fisioterapista tutti i giorni, non veniva il medico due volte a settimana a guardarlo per la minima cosa.
    quando andiamo a trovarli, perche’ ora c’e’ anche mia mamma, il commento dei miei figli e’ sempre “si mangia meglio qui che a casa nostra” ed e’ vero
    sono consapevole che non e’ cosi’ per tutti, le strutture sono diverse ed e’ diverso lo spirito con cui le persone accolgono questo passo.
    le scelte che dobbiamo affrontare quando diventiamo genitori dei nostri genitori sono difficili, e nel nostro caso complicate dalla lontananza (vivo in lussemburgo). nessuno ci aveva preparato. ma si e’ mai preparati?

  3. Mi è venuto da piangere. È’ così triste quando arriva questo momento. Meno male che tu dici che è un po confusa, quindi magari non se ne rende del tutto conto. Mia zia, dopo essersi rotta un femore non è più tornata a casa, ma dopo l’operazione è entrata in una casa di cura, capendo benissimo cosa la aspettava. Le avevano diagnosticato un tumore alle ossa. Lei era lucidissima. Che tristezza quando tutti i sabati l’andavo a trovare. Un abbraccio a te e alla tua mamma, che ho avuto la fortuna di conoscere.

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