Ojek
Ieri ho avuto la mia prima esperienza con un vero macet (ingorgo di traffico) a Jakarta.
Che lo crediate o no, dal mio arrivo non mi ero mai trovata bloccata in macchina a lungo. Forse dipende dal fatto che raramente esco nelle ore di punto, ma magari anche no: questa settimana sono uscita per tre sere di fila, e sono andata in quartieri per raggiungere i quali bisognava passare per zone molto trafficate, ed è stato liscio come bere un bicchier d’acqua. Ieri, invece, è stata un’altra storia.
Avevo partecipato a un caffè in una zona abbastanza distante da quella in cui vivo. Dovevo essere di ritorno alle tre del pomeriggio (magari anche un attimo prima) per cominciare un incontro importante di Expatclic. E quando dico cominciare, intendo letteralmente schiacchiare il pulsante per far partire la videoconferenza.
All’una ho lasciato il posto del caffè con un gruppo di amiche che andavano nella mia stessa direzione. In un attimo eravamo bloccate nel traffico, ma stavamo chiacchierando e io avevo comunque due ore buone davanti prima dell’incontro, quindi non ci ho fatto molto caso. Erano le due in punto quando siamo arrivate in un posto dove io potevo lasciare la loro macchina e continuare in taxi, cosa che ho fatto. Ma non mi ci è voluto molto per capire che L’ESPERIENZA di cui tutti parlano a Jakarta stava per cominciare: alle due e venti avevamo fatto dieci metri, e la lunga coda di auto non accennava a muoversi.
Mi è preso uno stress che quasi mi uccideva. Guardavo i minuti che scorrevano sull’orologio e cercavo freneticamente una soluzione al problema. Era evidente che non ce l’avrei mai fatta a tornare per tempo. Un disastro.
Bloccata sul taxi, osservavo quello che succedeva intorno a me, invidiando profondamente le moto che salivano sul marciapiede e andavano avanti. E all’improvviso ho avuto la rivelazione: L’OJEK!!! Il famoso ojek che altro non è che un moto taxi. L’autista ti dà un casco, e ti porta dove vuoi.
Ho visto un ojek e ho urlato al taxista di fermarsi, mi sono precipitata giù e ho detto all’addetto del parcheggio che avevo bisogno un ojek, adesso, veloce, rapidamente, ora!!! Ero così preoccupata (ormai erano le tre meno un quarto) che non mi sono neanche curata dell’effetto che la mia vista poteva produrre: tutta vestita di nero (così ci avevano chiesto di andare al caffè quella mattina), con una collana di perle, e agitando le braccia su e giù per fermare una moto.
Per fortuna un ojek è arrivato rapidamente, e nel giro di pochi secondi ero in sella, casco in testa, e battendo la spalla del guidatore per farlo andare il più rapido possibile.
Dovete sapere che abbiamo la ferrea proibizione di usare gli ojek, che sono unamemente considerati il mezzo di trasporto più pericoloso a Jakarta. Quindi non ne avevo mai preso uno. Ed eccomi lì, respirando il gas di scarico di altre motorette al semaforo, osservando le moto che avevo di fianco, sentendo sulla pelle il calore del giorno (una cosa che non si prova mai sui taxi), e attaccata a quel povero autista di ojek (ah, ovviamente mi è capitato l’autista più lento, cauto e prudente di tutta Jakarta).
Quando siamo arrivati a casa mia ero così fuori di me dalla gioia, che ho preso una manciata di banconote e le ho ficcate in mano al tipo senza neanche contarle. Per un attimo ho considerato di farmi un selfie con lui, per aggiungerlo al post che sapevo avrei scritto, ma dovevo cominciare l’incontro. Mi sono seduta al computer alle 2:59. E un po’ più innamorata di Jakarta.
Ti ringrazio e scusa, non avevo visto questo messaggio. Ora vado a leggerti.
Mi piace molto il tuo blog!
Ti ho taggata in un post che ho scritto recentemente “cosa c’è nella mia borsa!”. Non so se ti va di farlo anche tu… Se no spero di non averti dato troppo disturbo! 🙂