Parlare tante lingue: una ricchezza immensa
Potrei andare avanti mesi a pensare e parlare di lingue.
Un paio di giorni fa sono andata a pranzo con un’amica francese con la quale parlo francese (lo specifico perchè se lei conoscesse la mia lingua, potremmo parlare in italiano, o in inglese, che è la lingua franca qui a Gerusalemme). Ho capito due cose: primo, quanto il mio povero francese si sia svilito da quando mi sono spostata dal Perù alla Palestina, e secondo, quanto sono privilegiata a parlare tante lingue, e ad avere sempre persone con le quali praticarle.
Perchè una lingua non è solo una serie di segnali fonetici e segni grafici che ti fanno parlare, leggere e scrivere in modo diverso dal tuo, ed essere compresa da persone di altre origini. Una lingua è una storia, la TUA storia, e una cultura. Ed è per questo che affermo con la più grande convinzione: non si può dire di amare o odiare una lingua. Lasciatemi condividere un paio di pensieri per spiegarmi.
Quando penso o parlo di me stessa in termini delle lingue che parlo, mi viene subito in mente il numero sei. E un sei molto chiaro. Cioè: italiano, inglese, francese, spagnolo, tedesco e portoghese. In quest’ordine preciso. Prima viene l’italiano, perchè è la lingua nella quale ho sentito i miei primi suoni e ho scoperto il mondo. Poi c’è l’inglese, perchè da quando avevo 14 anni ascolto musica in inglese, e sono stata benedetta con un padre che credeva fermamente nell’importanza del conoscere lingue straniere, e in particolare l’inglese. Il francese è la lingua alla quale mi sono timidamente avvicinata alle superiori, ripresa in Congo, e nella quale ho visto studiare i miei figli dal primissimo loro giorno di scuola. Lo spagnolo è la lingua che ho parlato tutti i giorni per dieci anni e mezzo della mia vita. Il tedesco è una lingua che parlavo talmente bene, da poter usare tutta la notte, chiacchierando della mia vita amorosa e dei miei sentimenti più intimi con la mia amica Ingrid. E il portoghese, per quanto oggi possa sembrare incredibile, è stata la lingua che per un po’ ho usato per lavorare, per comunicare con le persone, e per aprirmi una strada in paesi africani assai complessi.
Mentirei se dicessi che oggi so dire anche solo una semplice frase in portoghese. Se penso “quiero ir al cine” in spagnolo, e poi tento di tradurlo in portoghese, sono completamente bloccata – mi ricordo vagamente che devo cominciare la frase con “eu“, ma poi chissà come devo cambiare il “quiero” per metterlo in portoghese perfetto? E’ un po’ più facile con il tedesco, anche se per un attimo strabuzzo gli occhi se penso: è “zum Kino” o “nach Kino” o “ins Kino” gehen? Decisamente zum…credo…forse no – dal 1989 non ho detto a nessuno che volevo andare al cinema in Deutsch.
Comunque, tutte queste lingue sono:
1) legate a un periodo preciso della mia vita, e a persone e situazioni speciali,
2) espressioni di una cultura – o più di una – con la quale un tempo ho avuto il privilegio di entrare in contatto. Anzi, ancora di più: sono stata talmente fortunata, che in vita mia non ho mai dovuto associare una lingua a un trauma particolare. Tutte le lingue che ho imparato o parlato sono legate in qualche modo a momenti belli. Quindi come potrei dire che amo una lingua più di un’altra? Come potrei dire che l’inglese suona più dolce o liscio del francese? E anche il tedesco, che da tutti è definita una lingua dura: non sono d’accordo! Non suonava certo dura alle mie orecchie quando mi sedevo di fronte alla mia adorata amica Ingrid e parlavamo della vita con un’intimità che non è cambiata in 30 anni.
Quello che sto confusamente tentando di dire, presumo, è che una lingua contiene una storia di vita ed è un mezzo per aprirsi alle situazioni della vita. Se impari una lingua, conosci una cultura, puoi leggerne i libri, parlare ed essere capita da molti, e ti si apre davanti una gamma molto più vasta d’informazioni. Più lingue parli, più ricca sei. E questo già basterebbe per farti sentire grata nei confronti della lingua, e perdonarle il faticoso esercizio di dover fare la “r” arrotata, o produrre un “ach”.
Sono anche convinta che parlare più di una lingua al giorno è un modo perfetto per mantenere flessibile la mente. Ho vissuto in molte lingue diverse per un lungo periodo, e non potrei mai, assolutamente mai tornare a vivere in un mondo monolinguistico. Uno dei miei più grandi incubi è pensare a dover parlare, leggere, ascoltare e interagire solo in italiano. E anche se capisco che la capacità di esprimermi e avere a portata di mano tutte le parole di cui ho bisogno in alcune lingue è flessibile quanto il mio concetto di casa, so che da qualche parte nel mio cervello, tanto tempo fa ho messo delle solide basi linguistiche, e che possono sempre prendermi un po’ di tempo per ripescarle, e riportare a alla quello che adesso mi sembra dimenticato.