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#quellavoltache: ripensando alle molestie subite

#quellavoltache

La scrittrice e giornalista Giulia Blasi ha lanciato una campagna potentissima sulle violenze subite dalle donne, che con l’hashtag #quellavoltache raccontano le molestie subite.

Le mie #quellavoltache e qualche riflessione.

Ci sono varie cose che mi continuano a girare in testa rispetto alla valanga che si è messa in moto con la vicenda Weinstein. La prima, e più pressante, è che paradossalmente è stato Hollywood a spingerci a parlare di questi temi. Quando la violenza la subisce una donna sconosciuta, non scatena certo il terremoto di reazioni a cui stiamo assistendo in questi giorni. Le violenze, inaudite, allucinanti, che vengono inflitte alle donne durante le guerre passano tranquillamente sotto l’ordinario strato di indifferenza che caratterizza i nostri tempi. Questo articolo con video di Al Jazeera non è che un esempio: http://www.aljazeera.com/.

Ma si sa che le cose van così, ci sono due pesi e due misure nel nostro mondo dell’informazione, che forgia poi le nostre menti e guida le nostre reazioni. Partiamo da qui, allora, e vediamo di cosa sta dibattendo la gente in questi giorni.

Mancata denuncia

La questione centrale ruota intorno al fatto che Asia Argento non abbia denunciato la violenza, ma anzi, abbia continuato a lavorare con Weinstein. In sostanza, sotto accusa non è il fatto che uno schifoso individuo infligga a una donna una violenza che la spezza per sempre e la marca per il resto dei suoi giorni. Sotto accusa sono i valori morali di Asia Argento. Però nello spostare l’attenzione dalla violenza subita al contorno della vicenda, anche noi le facciamo violenza. Stessa cosa con le due ragazze americane stuprate dai carabinieri a Firenze. E come in infiniti altri casi nei quali è la donna a finire sotto i riflettori, non la violenza.

Non mi interessa cosa avrebbe dovuto o potuto fare Asia Argento. Mi interessa che l’ennesimo bastardo ha violentato una donna.

Le molestie subite

Questo mi porta direttamente al mio terzo punto. In questi giorni, grazie alla campagna lanciata da Giulia Biasi, migliaia di donne stanno raccontando le molestie subite nel corso della loro vita, e anch’io, come tutte, mi sono fermata a ricordare quello che è capitato a me. Non ci crederete, ma sono rimasta sconvolta. Alla vicenda del prete di famiglia che mi ha baciata sulla bocca dopo avermi detto che avrebbe voluto che io dormissi nel suo letto e quella dello zio che mi ha leccato le labbra quando mi sono sporta dalla finestra del nostro camper per salutarlo, sono susseguite nella mia mente una serie di altre instantanee che avevo sepolto:

#quellavoltache in autobus un bavoso mi toccava il sedere
#quellavoltache tornavo da una serata in una Milano deserta in agosto, e un uomo mi ha inseguita in macchina constringendomi a una gimcana assurda per sfuggirgli (questa in realtà me la ricordavo bene perchè sono troppo fiera di come sono riuscita a seminarlo)
#quellavoltache aspettavo l’autobus e ho sentito un fischio, mi sono girata e fuori da un vespasiano c’era un uomo che si masturbava
#quellavoltache andavo in motorino a casa di un’amica e un’auto mi si è affiancata con insistenza, ho guardato dentro e ho visto un uomo con il pene all’aria che mi guardava con aria lasciva
#quellavoltache un pretendente rifiutato mi guardava attraverso una grata sulla porta del bagno di un locale mentre facevo pipì, e quando ho tentato di uscire ha cercato di bloccarmi e palpeggiarmi
#quellavoltache ero in treno con un’amica, tornando in Italia dai Paesi Baschi, e un uomo è entrato nel nostro scompartimento, si è accomodato e ha cominciato a masturbarsi…

La paura

Non le avevo dimenticate, queste cose, non potrei. Perchè ogni volta ho avuto PAURA. E nessun essere umano dovrebbe avere paura di un altro essere umano, mai. Però le avevo sempre accettate come parte di qualcosa che ti tocca…ti tocca perchè sei nata donna, perchè la cultura che ti circonda mette a tacere, e ti fa credere che sia normale così, perchè “se non c’è penetrazione non si parla di violenza”.

E’ stato questo, il rendermi conto della quantità di episodi che hanno marcato la mia vita, e il fatto che come tante altre donne che stanno dibattendo in questi giorni, li avevo archiviati nella cartella “normalità”, a sconvolgermi più di tutto il resto. Perchè se io, con l’istruzione, le esperienze di vita, e tutto l’amore che ho avuto, non sono stata in grado di classificare questi episodi come ingiusta violenza, come si devono sentire donne meno fortunate di me?

Passa tutto da lì. E’ inutile parlare di qualsiasi cosa se prima non costruiamo un mondo in cui le donne vengono rispettate. Punto e basta.

 

Claudia Landini
Ottobre 2017
Foto: Pixabay

Comments (4)

  1. Grazie Mariagrazia per la condivisione. Che schifo. Non l’hai detto ai tuoi? Io ci ho provato, col prete. L’ho detto a mia madre, e mi ricordo ancora l’imbarazzo sul suo volto. Ma non mi ha sostenuta. Mi ha detto “ma figurati, cosa vai a dire!”. Anche la sua reazione mi era sembrata normale…

  2. Nn condivido chi si accanisce contro una donna che ha subito violenza e rende noto il fatto dopo tanti anni. Ma nn immaginate questa donna come si è sentita? Il farlo dopo tanti anni forse sono gli eventi a consentirlo, forse è lei che è “pronta” per raccontarlo.
    Pensiamo bene quello che può essere per una donna violentata a livello psicologico, morale, fisico, …. e cerchiamo almeno noi donne di essere più coalizzate e colpevolarizzare chi veramente lo merita.

  3. Quella volta che avevo 13 anni e mi avevano finalmente fatto confezionare un montgomery col cappuccio foderato di rosso: mio padre non possedeva un’ auto e un suo amicoP.A. Mi ha accompagnata : in macchina mi e’ saltato addosso ed io mi sono divincolata l’ho garaffiato fino a farmi male! Ricordo lo schifo dei suoi capelli lucidi di brillantina! Non c’e riuscito … ma mio papa’ non capiva perche’ quando entrava in casa no salutassi PA e perche’ dopo averlo tanto desiderato non ho mai indossato il mio montgomery col x cappuccio foderato di rosso!

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