Spunti pratici durante il genocidio in Palestina
Qualche giorno fa ho scritto un post su come mi sento da quando è cominciato il genocidio in Palestina. Oggi torno per condividere le poche azioni che mi aiutano nel quotidiano a navigare questo momento di indicibile frustrazione.
Tempo fa ho letto su qualche social che un modo efficace per scongiurare la depressione di fronte alle ingiustizie perpetrate da chi dirige il mondo, è di essere attivi e attive. Di fare qualcosa, qualunque cosa, nel proprio piccolo, per mantenere i propri valori allineati con quanto avviene intorno a noi.
Uno dei miei valori base (dei cosidetti “valori guida”, come li chiamiamo spesso nel coaching) è la giustizia. Lo è sempre stato, ma da quando ho vissuto in Palestina, è balzato tra i primi tre. Ripeto spesso alle mie clienti che i valori cambiano nel tempo. Alcuni si alleggeriscono d’importanza, altri riemergono. Io ho sentito nettamente che in Palestina il mio valore giustizia era talmente sollecitato, di fronte alla crudeltà dell’occupazione, da diventare inequivocabilmente e per sempre, quello che mi guida nel giudicare persone e fatti nella mia vita.
Detto questo, e dato che sappiamo che possiamo mantenere equilibrio e sanità mentale solo se i nostri valori li onoriamo, li facciamo vivere e li esprimiamo nel nostro quotidiano, da quando il genocidio in Palestina è cominciato, per me è diventato ancora più importante trovare modi per canalizzarlo, anche in piccole azioni quotidiane. Eccovi quindi quello che faccio per sentirmi a posto con me stessa.
Mi mantengo costantemente informata
Smettere di ascoltare le notizie e non seguire minuziosamente quello che sta accadendo in Palestina equivale ad ammantare il tutto di normalità. E’ quello che vogliono, del resto. Invece è importante continuare a seguire quello che fanno perché dà la misura esatta dei vari coinvolgimenti e di come questi si esprimono. E aiuta a tenere alta l’indignazione. Come diceva il carissimo Stéphane Hessel, se smettiamo d’indignarci, siam finiti. Io ascolto Al Jazeera, e leggo Il Manifesto. Ho smesso di aprire il sito web de La Repubblica, tutta salute.
Parlo della Palestina appena posso
Quando ho lasciato la Palestina, dieci anni fa, mi ero ripromessa che non avrei mai smesso di lottare per lei, in qualsiasi modo possibile. E uno dei miei refrain in famiglia negli ultimi anni era “non parliamo abbastanza della Palestina“, perché mi ero resa conto che le occasioni in cui portavamo a galla il discorso erano sempre meno. Da quando il genocidio in Palestina è cominciato, ho deciso che avrei parlato di Palestina almeno una volta al giorno, possibilmente con persone che non sono molto addentro la questione. Nei giorni in cui vedo solo la faccia di mio marito ne parlo sui social. Parlare di Palestina mi aiuta a sentirmi dentro la cosa, a mantenere ben presente tutto quello che sta succedendo.
Boicotto
Mi sembra assolutamente il minimo. Non capisco proprio come si faccia a continuare ad usare cose prodotte nei settlement illegali, da israele o da aziende che in qualche modo lo sostengono. Il boycott può davvero portare a risultati importanti, ed è uno dei pochi strumenti che abbiamo a disposizione. Boicotto perché voglio essere parte di un movimento che fa qualcosa di concreto, ma anche perché il mio valore giustizia urlerebbe se usassi il gasificatore della Soda Stream o le cartucce dell’HP (Hewlett Packard, per intenderci).
Una nota a questo proposito: evidentemente non si può sempre sapere tutto, e anch’io, diversi anni fa, avevo comprato una stampante HP. Quando poi ho scoperto che l’HP è uno dei principali fornitori della tecnologia che israele usa nelle carceri in cui rinchiude e tortura migliaia di Palestinesi (e non aggiungo innocenti perché il concetto d’innocenza è andato a farsi benedire insieme alla nostra levatura morale in questa farsa agghiacciante a cui assistiamo da anni), ho preso un martello, ho distrutto la stampante e l’ho portata in discarica. Per non dover più comprare le cartucce. Quindi chiedo a tutti e tutte di non dirmi mai più “l’ho comprato perché non sapevo…” – adesso sapete, quindi agite.
Questo è il sito del BDS, https://bdsmovement.net/ (poi ci sono i capitoli locali, quello italiano è qui https://bdsitalia.org/), seguitelo e mantenetevi aggiornati/e sulle campagne in corso.
Questa è un’app che vi permette di scansionare i prodotti e sapere se sono complici del genocidio in Palestina, e qui a fianco vi metto una lista visiva di alcune delle compagnie amiche di israele.
Leggo libri e guardo film sulla Palestina
Sono una lettrice onnivora e anche per il mio lavoro devo mantenere una varietà di letture il più ampia possibile, ma tengo sempre qualche titolo nuovo (nel senso: che ancora non ho letto) sulla Palestina per non dimenticare mai quello che stanno facendo. E’ un dovere morale ma anche un modo per aggiungere informazioni al mio bagaglio. Tra i libri da scoprire ho The biggest prison on earth, di Ilan Pappe, Le anime invicibili di Gaza, di Hanin A. Soufan, e Diario di un genocidio di Atef Abu Saif. Il film più recente che ho guardato è Where olive trees weep, è a pagamento ma tutto va a sostenere iniziative per la Palestina. Possiamo farcela.
Uso i miei simboli
I simboli riassumono i valori.
Ho un piccolo Handala in argento, l’ho comprato a Gerusalemme, quando vivevo là. Da allora non me ne stacco mai. Lo indosso in particolare quando viaggio o quando partecipo ad eventi particolari, tipo concerti, gite…ma anche quando vado a cena da amici e amiche e in generale quando faccio cose belle. Simbolicamente questo per me è un modo di far viaggiare e vivere i Palestinesi dove non possono viaggiare e vivere. E’ talmente forte, questa cosa, che una volta che dimenticai di mettermi l’Handala a Jakarta prima di andare in Italia, passai in ansia tutto il tempo della mia vacanza là. Mi piace anche mettermi addosso cose che mandino dei segnali, che esprimano chiaramente sia la mia posizione che la mia solidarietà con il popolo palestinese.
Partecipo alle iniziative di protesta e informazione sulla Palestina
Quando posso, e se ce ne sono nella zona in cui mi trovo, vado sempre a manifestazioni, cene di solidarietà, presidi, e quant’altro riunisca la gente intorno alla Palestina e per protestare e far sentire la nostra voce e la nostra solidarietà.
Sto con persone come me
Evito persone che appoggiano in qualsiasi modo il genocidio in Palestina. Se c’incappo, me ne vado. Mi sento davvero tranquilla solo quando sono con persone che condividono la mia visione e il mio senso di giustizia. Già quando vivevo in Palestina, ho rotto tante conoscenze e qualche amicizia per le posizioni diverse di fronte all’occupazione. Ogni volta soffrendoci. Adesso non ho più remore. Non posso proprio stare fisicamente con persone che non s’indignano di fronte a quanto sta succedendo.
Questo è quello che vivo nel mio quotidiano. E’ di qualche giorno fa la polemica che ha coinvolto Cecilia Parodi per un video nel quale, piangendo, sfogava tutta la sua rabbia e indignazione per quello che sta accadendo. Mentre mi è sembrato un grande passo falso dire alcune delle cose che Cecilia ha condiviso, comprendo la sua amarezza, che è anche la mia, la nostra. Aver permesso che accadesse tutto questo dovrebbe farci vergognare tutte le mattine appena apriamo gli occhi, noi che abbiamo il privilegio di dormire in sicurezza. E continuare a vivere come se niente fosse, ancora di più.