Ti piace la Palestina?
In questi giorni stiamo assistendo a un’altra ondata di violenza esplicita in Palestina. Eccovi qualche riflessione.
Quando vivevo a Gerusalemme, ero sicura che non sarei mai stata capace di tornare a una routine che non fosse dominata da frustrazione, ingiustizia e impotenza. E’ difficile da spiegare, ma questo è quanto succede a chi vive per un periodo tra i Palestinesi: l’occupazione israeliana occupa anche le menti, i sentimenti e i pensieri, penetra le cellule e ti cambia in modi che è faticoso spiegare a parole.
Sapevo che il contratto di mio marito aveva una data di scadenza, e che il nostro soggiorno in Palestina sarebbe prima o poi terminato, ma non riuscivo a vedermi in una vita diversa, una vita dove si può godere delle proprie giornate liberi dal pesante fardello del sapere che le persone che ami sono soggette all’ingiustizia più disumana.
Poi è arrivato il momento in cui ho dovuto dire addio, e mi sono trovata a dovermi concentrare su un tipo di vita diverso, mentre l’occupazione continuava a mietere vittime (sono partita proprio quando era appena stato lanciato il brutale attacco su Gaza, che ha ucciso più di 2000 abitanti della striscia, inclusi più di 1500 civili, tra cui 539 bambini).
Poco a poco ho ricostruito una routine, e poi mi sono trasferita a Jakarta, dove ho provato il brivido di scoprire un altro paese e la sua cultura.
Man mano che passavano i giorni e aumentava il tempo tra la me che viveva in Palestina e la me geograficamente lontana, ho cominciato a pensare che dopotutto non mi sarebbe stato impossibile trovare un equilibrio. Mantenendo il contatto con i miei amici rimasti, sia Palestinesi che internazionali, e leggendo regolarmente le notizie (ora che so come interpretarle), mi sento relativamente a posto con l’idea che non sono più presente fisicamente per esprimere la mia solidarietà.
Ma adesso che c’è una nuova ondata di violenza, capisco che il mio processo nel ridefinire il mio rapporto con la Palestina non è per niente completo. In questi ultimi giorni ho sofferto, mi sono preoccupata, mi sono sentita disperata, ma soprattutto impotente.
Mi ricordo che dicevo a tutti che adesso che avevo lasciato il paese, avrei parlato liberamente della Palestina e detto chiaramente quello che sta accadendo là, e pensavo che questo mi avrebbe dato sollievo. Non è così in realtà, perchè sapete cosa succede? Alla gente non importa niente della Palestina. Quando condivido i miei post sui social, quelli che parlano di cose generali, come il viaggio o la maternità, hanno un sacco di visite e di likes. Quelli dove racconto cos’ho imparato mentre vivevo in Palestina, quasi zero visite, e nemmeno un like.
E questo è il motivo per cui israele riesce ad occupare un pezzo in più di Palestina ogni giorno: glielo lasciamo fare. Perchè l’opinione pubblica non è proprio in grado di vedere una verità semplice e chiara, che è alla base di quello che sta succedendo in questo momento: cioè, che non si può disumanizzare le persone, privarle della loro libertà e dignità, occupare le loro terre, rubar loro l’acqua e aspettarsi che non succeda niente. Quello che vediamo in questi giorni non è l’azione di qualche terrorista o fanatico – o come ho sentito dire ieri dalla disgustosa ministra degli affari esteri israeliani – l’ISIS. Associando i Palestinesi a quest’idea li tradiamo doppiamente.
In questi giorni sono presa da questo: come vivere con l’enormità di tutto ciò, con l’ennesima ingiustizia che i Palestinesi devono sopportare. Gerusalemme Est adesso è isolata. Potreste pensare che lo è per ragioni di sicurezza, ma non è così. Fa tutto parte del piano di prendersi l’intera città, che israele ha cominciato tanto tempo fa, e che ho visto svilupparsi ogni giorno sotto ai miei occhi mentre vivevo là. So che è difficile da capire, perchè io stessa ero molto ignorante sull’intera faccenda prima di andare a vivere a Gerusalemme. Ma non avevo mai, mai pensato, neanche prima, che israele avesse il diritto di occupare una terra che non gli era stata assegnata.
Questa mattina ho ricevuto una mail da un amico che era venuto a trovarci a Gerusalemme. Mi dice:
Sono felice e ti ringrazio di nuovo dal fondo del cuore per la possibilità che mi hai dato di capire e vedere con i miei occhi una realtà che avevo sempre e solo immaginato, e che non avrei potuto scoprire se non fosse stato per te e i tuoi amici
Questo è il pensiero a cui mi attacco spasmodicamente: aiutare la gente a capire cosa sta succedendo. Quando vivevo a Gerusalemme, potevo farlo in modo diretto. Adesso solo con le parole. E mi piacerebbe che avessero tanti like come gli altri miei post.
Mi sento molto vicina a quello che hai vissuto Claudia. In questo momento ci sono gli elicotteri che volano sopra casa mia, a Gerusalemme est, e molti tumulti qui ma anche a Betlehem, a Ramallah, Hebron, Gaza e ovunque in Palestina. Legittimi tumulti dopo le dichiarazioni del “piano del secolo” di Trump. Anch’io sento l’ingiustizia, l’impotenza e la frustrazione per quanto sta accadendo senza che il mondo capisca quale sia realmente la situazione qui. E’ profondamente vero quello che dici: Israele occupa ogni giorno un pezzo in più di Palestina perchè noi glielo lasciamo fare!