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Un addio diverso

Come molti di voi sanno, tra un mese lascio l’Indonesia.

Questo però è un addio diverso dagli altri

Come ogni espatriato che ha vissuto in più di un paese sa perfettamente, l’addio al luogo dove si ha trascorso un significativo pezzo della propria vita è sempre traumatico. Quanto più si ha amato il paese, tanto più doloroso sarà lo strappo. Lo strappo, però, c’è sempre. Perché l’addio a un paese in cui per mesi, magari anni, si ha vissuto, amato, sofferto, gioito e si è cresciute, significa chiudere una porta non solo sul posto in sé, ma su quella specifica fase di vita. Per gli espatriati è così. Ogni paese corrisponde a una fase, e chiudere la porta di casa significa dire addio anche a lei.

Questo addio che sto per dare a Jakarta, però, è diverso da tutti quelli che ho vissuto in passato. M’intriga riflettere sul perché.

Prendermi cura solo di me

Innanzitutto, devo prendermi cura solo del mio strappo. Potrò concentrarmi sulla mia tristezza, sul mio senso di estraniamento nel pensare che non tornerò più in Indonesia. Dovrò occuparmi solo della mia malinconia quando penserò alla mia Ani, alla mia casa, o alle piccole cose di Jakarta che ho apprezzato. Non devo metter da parte il mio lutto per dedicarmi a quello dei miei figli, magari troppo piccoli per elaborare il loro da soli.

Non disfare casa

Poi non disfo casa! Che incredibile sensazione di leggerezza… Certo, devo mettere mano comunque a tutto l’accumulato in quasi quattro anni di soggiorno qui. Vi lascio immaginare quanti risultati di esami medici porto via con me 😀 ). Devo comunque smistare i libri, i vestiti e compagnia. Ma quando andrò in aeroporto chiuderò la porta su una casa che continua a vivere, intonsa, perché mio marito e la mia gatta ci restano dentro ancora un po’. Non partirò portandomi via la tristissima immagine di una casa vuota, priva delle nostre voci, delle risate, dei pianti e delle chiacchierate che l’hanno animata a lungo. Una cosa, questa, che in passato mi ha sempre distrutta.

Ho deciso io

Inoltre sono stata io, questa volta, a porre la parola fine alla mia vita qui. Mio marito sarebbe potuto restare ancora a lungo, e io con lui. La decisione di chiudere con l’Indonesia mi è costata, ma ora che l’ho presa fa tutta la differenza nel lasciare il paese. Me ne vado perché qui non voglio più stare, non perché finisce un contratto. E questa è un’altra sensazione incredibile di libertà e controllo.

Qui non lascio un pezzo di cuore

La cosa però che davvero distingue quest’addio dagli altri è che qui non lascio un pezzo di cuore. Partendo dai paesi africani, dall’Honduras, dal Perù, per non dire da Gerusalemme, ero devastata all’idea di non avere più nel mio quotidiano tante persone che amavo con tutto il cuore, e con le quali, se avessi potuto, avrei felicemente continuato a condividere la mia vita. Persone che, in alcuni casi, sapevo con certezza che non avrei mai più riabbracciato. Qui ne lascio, realmente, solo due. E una sono sicura che la rivedrò anche se per brevissimi momenti, in Italia. Per il resto il mio cuore non ha palpitato per particolari amicizie. Quello che mi dispiace lasciare è la mia fantastica routine, che non sarà mai uguale altrove, lo so, e questa splendida casa che per mesi mi ha vista crescere, lavorare, studiare, e che con la sua eleganza e discrezione mi ha fornito il contorno ideale e un rifugio al quale sono sempre tornata felicemente.

 

Io però l’ho sempre detto e ora lo so ancora di più: il vero addio non è alle cose materiali, ma alle relazioni umane e agli affetti che si lasciano alle spalle. Alcuni me li porto ancora dentro e anche se non li rivedrò mai più in tutta la vita, avranno sempre un posto speciale nel mio cuore. E’ anche grazie a loro che i miei addii, prima di questo, sono stati sicuramente molto dolorosi, ma anche profondi e ricchi d’amore.

 

Claudia Landini
Aprile 2018
Foto ©ClaudiaLandini

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