Una famiglia turca, di Irfan Orga
Una famiglia turca, romanzo autobiografico dell’autore Irfan Orga, è un capolavoro.
Capita ogni tanto di imbattersi in un libro speciale, uno di quei libri che ti afferrano dalle prime righe e ti riempiono la mente al punto che anche mentre non stai leggendo, pensi alla trama, ai personaggi e all’ambientazione. Per me è stato il caso con Una famiglia turca di Irfan Orga, uno splendido racconto delle vicende della famiglia dell’autore, che, da una vita di sfarzi e agi sotto all’impero Ottomano, arriva a toccare il fondo della più disperata povertà.
La prima parte del libro, che coincide con l’infanzia dell’autore e l’inizio della guerra, è magistrale. La descrizione di Istanbul, della bella casa immersa nel verde, dei privilegi della ricca famiglia, mantengono lo sguardo infantile e puro di chi racconta senza giudicare, consegnandoci così un ritratto veritiero e altamente colorato e intenso. E tanto più belle sono le descrizioni dei vari momenti della vita della famiglia – la gita all’hamam dell’altezzosa nonna, i rapporti con il personale di servizio, i pomeriggi di tè e ricamo delle donne – tanto più doloroso è assistere all’insorgere della guerra, e alla catena di disgrazie che si abbatte sulla famiglia. La nonna e la madre dell’autore restano sole a fronteggiare le avversità, ed è a questo punto del racconto che emerge la figura materna, intorno alla quale ruoterà tutto il resto del racconto.
Donna bellissima e timida, sempre descritta come un essere etereo e distante, si trova a dover inventare vere e proprie strategie di sopravvivenza per mantenere in vita i figli. Costretta a dolorosissime scelte, che marcheranno per sempre l’autore, lotta per mantenere il decoro anche nella miseria più bieca. Ed è la prima donna, alla fine della guerra, a non portare più il velo quando esce di casa, attirandosi le ire e le ingiurie (e a volte le pietre) dei passanti. La sofferenza (non risolta) del piccolo autore nel momento in cui viene mandato, col fratellino, alla scuola dei poveri di Kadiköy, che lui vive come il più tragico degli abbandoni, si intuisce nella parte finale del racconto, che va dal dopoguerra alla morte di Atatürk. Il tono del narratore adulto è spesso parziale, distaccato, e si sofferma a lungo su particolari della sua vita privi del fascino che impregna la prima parte del racconto.
La madre e il rapporto dell’autore con lei, sono i veri protagonisti di questa storia famigliare, a cui fa da sfondo una Istanbul magica, con tutte le sue contraddizioni, e la storia della Turchia, il cambiamento delle tradizioni, i momenti più dolorosi durante la guerra. Lo consiglio caldamente.
Ma dai, grazie! Scribacchio, ma perlopiù in inglese. E molti articoli in italiano sul mio sito, http://www.expatclic.com (dove sono Claudiaexpat). Grazie ancora.
Sono rimasto affascinato dal modo con cui lo hai recensito. Sono certo che tu abbia scritto qualcosa di tuo. Non ho esplorato il tuo blog, ma lo farò
Grazie! Ma leggilo davvero, merita veramente
Come se l’avessi letto. Complimenti a te.